Si trovò immerso in un imprevisto tramonto, una striscia rovente di colori accecanti schiacciati all'orizzonte da un cielo cupo e pieno di pioggia. L'acqua della laguna sbandava veloce contro la riva e dava quel senso di violenza che è proprio della natura che scatena in lotta tutte le sue energie. A pochi passi dall'albergo si illuminava al colore del tramonto la facciata della chiesa delle Zitelle. Il suo bianco di gesso cieco adesso si rosava creando un lavacro quasi di sangue trasparente in rosa, tanto che sembrava lacrimasse. Quando tentò di entrare gli dissero di far presto ché stavano chiudendo. Solo un momento, - implorò -, un momento. L'interno freddo e manierato non gli fece grande impressione, lo attrasse invece un chiarore caldo che filtrava dal transetto destro. Nella sacrestia pendeva dal muro un cristo crocifisso, il volto e il corpo grondanti sangue, le mani e i piedi immersi in un brodo rossastro scolorito dalla polvere, e le spine trafitte sul capo. Pareva essere stato inchiodato da poco tanto il rosso fiottava abbondante da ogni ferita. "La testa - pensò all'improvviso - deve aver male soprattutto alla testa". Dalle vetrate opache di sporco si scorgeva l'abbandono del cortile ingombro di rovine. Provò pena.
Ritornato fuori, bevve avido l'aria già spruzzata di pioggia e di salso per ritrovare il senso della vita, dell'energia dell'essere presente, e attivo, e sano. Quel Cristo, dio che sofferenza!, si sorprese a pensare, lui che della religione mai si era interessato se non per metterne puntigliosamente da parte ogni significato che potesse in qualche modo porgli problemi, non se ne era sentito attratto neppure nei lunghi incerti giorni di paura all'ospedale. Di fronte, la sfilata elegante delle case allineate sulla riva degli Schiavoni disegnavano uno scenario di sfondo coloratissimo e senza ombre, sembravano ritagli di casette fatti da bambini e colorati a pastelli sereni. Dio, come è bello - sentì vibrare nell'animo -, ma subito sentì che la sua non era emozione viva, presente, di adesso, era un qualcosa già assorbito in un altro tempo, era un'emozione per una età giovane, la propria, che se ne era andata con gli anni, per un mondo, il suo, che da ciò che di bello e pulito e sereno c'è attorno non riesce più a prendere e ricevere nulla. Si sentì stanco e decise di rientrare. Di fronte all'albergo tirò la maniglia del campanello ma nessun suono si sparse. Riprovò ma il portone rimase chiuso nel suo silenzio. Guardò in alto e i finestroni brillavano dei brevi riflessi bronzei dell'ultima scheggia di sole; poi fu loscurità. Provò ancora e ancora. La luce di un bar brillava vicina, e vi si recò. Disse al barista cosa accadeva e se sapeva dargli un consiglio. Ma quell'albergo è chiuso da anni, caro signore - gli rispose il barista -, da anni, dopo che il proprietario ha ucciso l'amante. Quel fiol dun can la gà strangoea, sapete? Strangolata - ripeté in italiano -, sono due anni. ormai.
Ma io vi sono stato poche ore fa, ho lasciato la mia valigia in una stanza di quell'albergo, ho parlato con un uomo che mi ha aperto la porta... Caro signore, vedo che lei è un turista, se ha voglia di scherzare, io non ne ho affatto. Devo chiudere e perciò vada a bere da qualche altra parte, anche se sarebbe meglio che bevesse acqua...
Uscì, mentre Venezia accendeva i pochi fanali e i negozi spegnevano ogni loro luce. Riprovò a suonare e battere al portone, ma non ebbe risposta. Prese perciò a girovagare per l'isola. Si accorse subito che l'unico percorso era la fondamenta. La percorse tutta fino a Santa Eufemia, traversò il ponte e si fermò al piccolo Danieli. Poco oltre incombeva il fantasma gotico del mulino Stuky. Le sue finestre sventrate sul vuoto sembravano lo ammonissero a non chiedere, a non volere sapere. Ripensò al buio che lo assaliva nei pochi istanti che precedono l'effetto dell'indormia, la difesa disperata della coscienza che non vuole sparire nel nulla e fu assalito da un ansioso terrore. Il tepore luminoso del locale lo quietò, ricordò che quell'uomo-topo (già, sembra proprio un topo in agguato della morte di qualcuno, - si sorrise -) gli aveva detto che lui era l'unico cliente, e che avrebbero chiuso tra due tre giorni. Certamente era uscito ed ora lo stava aspettando. Pagò e uscì nel buio. La pioggia cadeva con forza e dialogava schiocchi e frusci aspri con l'acqua del mare. Le luci dei vaporetti ballonzolavano in affanno eppure sicure del loro successo. Percorse la fondamenta quasi di corsa e in affanno, i radi lampioni sbandavano riflessi di giallo taglienti e vetrosi negli acquitrini a pozza dei masegni sconnessi, le pietre luccicavano nero e la gente della Giudecca non si vedeva. Quando afferrò la maniglia del campanello tremava e il ferro lo gelò, il suono si sparse dappertutto argentino e la porta, appena spinta, prese a scorrere nel buio, quasi volesse precipitarvisi dentro. Il dolore alla testa, quel dolore, che non aveva più avvertito dopo l'intervento chirurgico dette un colpo sordo, e riprese a pulsare, a pulsare in fretta.