2004 Nexus Pesenti - Paolo Pennisi

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2004 Nexus Pesenti

Autenticità
Dell'amica scrittrice Rosangela Pesenti (www.rosangelapesenti.it)

Paolo era il mio amico: la scelta dell'articolo determinativo vuole significare il vuoto che avverto dalla sua partenza e il pieno di parole che potrei scrivere per lui.
Dato però che lui non c'è, a leggere, con la sua rara competenza di editor, cercherò da me una misura sobria del dire.
Se del nostro passaggio sulla terra fossero le opere a testimoniare di noi, sarebbe il caso di tacere, perché quadri e scritti di Paolo sono oggi ancora la sua viva presenza.
Penso invece che più delle opere, e di pari se non maggiore importanza, resti di ognuno quel patrimonio fragile di parole, gestì, lontananze e vicinanze che è la sostanza delle relazioni umane, quel deposito di significati che resta della nostra intera esperienza e di cui solo gli altri possono dire.
Migliori o peggiori che siamo stati, l'onda della nostra vita riecheggia nel grande mare della storia e modifica impercettibilmente la specie a cui apparteniamo.A chi l'ha conosciuto, a me, di Paolo resta, come l'eredità più profonda, quella qualità umana cosi difficile da definire e insieme così chiara alla percezione reciproca su cui si fondava la nostra amicizia.
Autenticità è per me la parola che più esprime e sintetizza l'esperienza del suo stare in mezzo a noi.Una qualità, quasi una sostanza, presente in ogni tratto della sua persona: pensiero, gesto, sguardo, movimento, scelta, opera.
Sorridente o rabbuiato che fosse, l'autenticità era il reagente che attivava la tensione del suo viso o del suo interesse, così come l'agire delle persone intorno a lui, allontanandolo inesorabilmente dalle molte meschinità proprie del vivere comune, nonostante conservasse per tutti sempre una disponibilità indulgente, aperta alla comprensione del giudizio critico più che alla condanna.
L'autenticità lo teneva lontano dal rigore astratto dei principi come dai piccoli compromessi, con la sua faticosa andatura sapeva camminare diritto e rapido guardando lontano e la sua strada era difficile da seguire perché indicava semplicemente a ognuno la necessità di cercare la propria con autenticità, appunto.
Avevamo la stessa passione per il mondo e quindi per la politica.
Era ultimamente affaticato da quella sua straordinaria lungimiranza a cui era insopportabile il modo sempre più sciatto e miope delle pratiche politiche correnti.
Ma non si accaniva contro la realtà e non vi si adattava.
Faceva le cose bene.
Si prendeva cura delle persone non per generica bontà, ma perché sapeva fino infondo quella fragilità che fa di noi umani gli unici esseri capaci di produrre l'orrore.
Nei suoi quadri l'esposizione del dolore diventa forma compiuta, necessità del vivere e non l'altalenante sentire del nostro paesaggio quotidiano.
Lo scorrere della mutazione storica diventa evento nella fissità emblematica dei significati. Non una domanda, ma una risposta che ci inquieta.I volti nudi, ieratici, imprigionati negli spazi brevi di una sua recente stagione feconda sono l'immagine della nostra ottusa contemporaneità.
Ho scritto che ci ha regalato pensieri da pensare, ma questa sua partenza inaspettata apre un silenzio in cui le parole si perdono.
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