Civiltà e poesia - Paolo Pennisi

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Civiltà e poesia

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Da IL Veneto 24 marzo 1963 terza pagina

Sull'arte figurativa civiltà e poesia
di Paolo Pennisi



Quand'é che un'opera è creazione d'arte «universale»? Cosa determina il vocabolo «universale»? E quali sono i significati che lo permeano?
Ci si addentra cosi in quel campo misterioso che è la creazione dell'artista e che, io considero non solo fatto imponderabile ma unione in parte spontanea o naturale, e in parte intelligente e voluta di capacità penetrativa profondamente e amorosamente sentita della natura, di ciò che in essa vive e palpita, soprattutto nella sua creazione più perfetta ed evidente, l'uomo.

Con l'esistenza dell'uomo infatti si è creata la civiltà, la capacità cioè di far convivere la moltitudine di sentire di essere diversi in binari comuni. Ecco dunque natura e civiltà, binomio che racchiude in sé il meglio del raggiungimento divino ed umano, espressione della elevazione della potenziale sensibilità umana al livello di intelligenza comprensiva e creativa. Ne ricavo che un'opera sarà creatura di ogni tempo allorquando racchiuderà in sé elementi di conquista civile e poetica, avvenuti sia nel campo sociale, che religioso, che storico, umano in genere. Giotto racchiude in sé elementi di una umanità che è più esaltatamente presa da una religiosità quale la medioevale, ma spontaneamente si abbandona a Dio, conscio della sua nuova vera ed equilibrata volontà di bene e di male.
All'inizio del periodo che non esiterò a definire fondamentale che è il Rinascimento dal '400 al '503, si prosegue la lezione della nuova arte che è nata dall'erompere di Giotto. E non è solo la ricerca di una risoluzione per il proprio tempo, ma la consapevolezza una schiera di uomini che, posti di fronte a delle responsabilità oggettive e personalità nei confronti di fatti, cose ritenute intoccabili, scoprono il massimo raggiungimento delle capacità del pensiero dell'uomo. Masaccio parla di un uomo che ha una dignità sua, una sua importanza nell’universo e in questa fiera ma reale posizione viene esaltato nei Carmini. I suoi personaggi vivono una natura compositivamente scoperta in una atmosfera di consapevole e nobile importanza. Apostolo si è detto, intendendone il termine evangelico, e di meglio non credo si possa dire. Apostolo della dignità morale a materiale dell'uomo che vive nel suo libero arbitrio, nel rispetto dei limiti naturali. Risoluzione visiva e tattile di una dottrina cristiana che vive tuttora. Esempio quindi valido ancor oggi, non solo nella sua rappresentazione poetica di arte, ma nella sua risoluzione e perpetuazione nei secoli. Nel rinascimento pieno l'idea religiosa assume intuizioni e posizioni sempre meno generali. Ad esempio per tutti basti la risoluzione di Michelangelo, tutta particolare e personale nel suo concepimento e nella sua conclusione esasperatamente tragica e profondamente umana, che se da un lato rivela l'evoluzione sempre più approfondita delle idee originarie, mostra dall'altro lato come l'uomo rinascimentale porti all'eccesso di esasperazione personale problemi nati spontaneamente e risolvibili in maggior umiltà.

Se pur impostato in una ricerca personale dell'equilibrio del suo io nell'universo, il raggiungimento finale del Michelangelo, acquiescienza volontaria alla immensità del Dio dopo la dura lotta di tutta una vita, è forse la risoluzione più sentita e vicina ai nostri tempi tanto tormentati da una ricerca di valori scientifici da opporsi a pari forza ai valori Divini. Lezione attuale ed universale in una risoluzione personalissima. Intuizione personale valida per tutti gli altri e non solo nel suo tempo. Esiste cioè nel vero artista la comunicativa extrastorica, la capacità di proporre costruttivamente dei problemi con l'arte, al di fuori idi fredde e spesso incomplete perché necessariamente partigiane, teorie pseudo scientifiche o filosofiche.
Il concetto religioso di un Giotto, di Masaccio, di Caravaggio racchiude in sé anche una risoluzione sociale. Propongono chiari concetti di vera socialità umana Giotto e Masaccio accettando il fatto religioso come elemento sostanziale e di base alla loro pittura e di conseguenza diventando alfieri di una società cristiana che riunisci in un unico indissolubile risolvimento ai bisogni materiali e spirituali. Non tecnici di istanze sociali come molti dei nostri artisti contemporanei e nemmeno assertori, come se ne trovano ancora molti, di arte solo religiosa, ma artisti veri che sensibili ai fermenti che la natura e gli uomini creano nel loro tempo ne colgono spontaneamente la vera soluzione e fecondano di sé il patrimonio che ad essi seguirà.
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