Per l'estetica marxista scopo dell'arte è servire l'uomo. Deve contribuire a liberarlo dai suoi antagonismi sociali e dai suoi conflitti storici, deve riuscire ad anticipare lo spirito dell'uomo nuovo; si pone come mèta finale ideale il raggiungimento di un equilibrio tra estetica e società. Il mezzo per raggiungere questo scopo è la dialettica, che è il riflesso di quella dei processi sociali.
Prima preoccupazione dovrà essere quella di cogliere la realtà storico-sociale in cui vive, della cultura e delle tradizioni del proprio paese, dell'analisi e della presa di coscienza delle contraddizioni di classe. L'intervento dell'artista sulla realtà non dovrà però essere confuso in termini di REALTA' IMMEDIATA, ma rappresentare la dialettica più profonda della società, la antitesi e la sintesi della posizione del singolo verso le masse, il legame esistente tra vita individuale e dinamica del collettivo umano.
L'opera creata troverà compiutezza in se stessa, proprio perché frutto delle CONTRADDIZIONI e delle CONDIZIONI OBIETTIVE della realtà, divenendo essa stessa REALTA' e svolgendo la funzione di chiarimento sulla dimensione più ampia della storia.
Esiste da sempre tra arte e realtà una aggressione permanente: da una parte la tendenza a dimenticare la realtà circostante, a divinizzare la torre d'avorio (tendenza all'individualismo e all'esaltazione della figura dell'artista), dall'altra a trasformare la creazione in prassi totale, al servizio cioè di ideologie, religioni, morali, politiche, ecc. In tutti e due i casi è presente la continua tendenza dell'artista e dell'arte a scivolare nell'alienazione (asservimento alla realtà delle cose), e a lottare per superare l'alienazione (ricerca della sostanza della realtà).
L'arte quindi non riesce mai ad essere indipendente, ed il massimo raggiungimento a cui può aspirare è la dimensione legata all'uomo. Lo splendido isolamento è anti umanistico, nonostante le più alte acquisizioni formali a cui possa giungere. L'asservimento cieco alle esigenze pratiche dell'ideologia è altrettanto disastroso, privando l'arte della sua motivazione fondamentale, cioè la creazione conflittuale tra la banalità di ciò che è (l'oggi alienato) e il dover essere (il futuro realizzato, e perciò disalienato). Le necessità IMMEDIATE della politica nuociono all'arte (le chiudono gli occhi, la rendono cieca e senza prospettive); essa deve invece essere inserita ed adoperata in una strategia a tempi lunghi, contro la tattica.
L'arte cioè non deve mai essere asservita alla menzogna poiché dice Lenin due sono le condizioni per la creazione artistica: la conoscenza e la verità. La conoscenza, il tenere cioè conto della realtà oggettiva della società e delle sue necessità, e la sincerità che genera passione, cioè la partecipazione soggettiva dell'artista a comprendere i fatti sociali. E' molto importante che l'arte svolga una funzione di educazione delle masse, ma la sua prima funzione dice Gramsci è quella globale dell'opera, come momento espressivo ed organizzativo della coscienza sociale. E' quindi evidente che l'arte ha come responsabilità generale quella dell'etica, cioè l'impegno morale verso l'essere umano in lotta per la sua emancipazione; ha come funzione principale quella della conoscenza.
Questa civiltà non potrà altro che ammettere un'arte lontana da ogni vera testimonianza di realtà, cioè dalle concrete necessità delle masse, dalle loro aspirazioni di giustizia, di eguaglianza, di gestione democratica del potere. La civiltà borghese non può perciò fare a meno di un linguaggio formale che mistifichi, che traduca arbitrariamente alle masse i propri ideali di potere, creando miti ultraterreni.
Ma esiste anche una altra realtà nella società borghese in antagonismo alla stessa, la realtà che si esprime nella volontà di lotta delle masse e dei lavoratori. L'artista potrà allora scegliere di testimoniare questa realtà rivoluzionaria, questa volontà di abbattere il potere borghese, legandosi ad un linguaggio di agitazione], di propaganda di presa immediata e popolare. Vi potrà infine essere una scelta di linguaggio lontano da ogni apparente realtà oggettiva.
L'artista darà vita a forme POTENZIALI, dal contenuto positivo e responsabilizzato sul piano delle scelte ideologiche, sia per l'attuale che per il futuro, forme in cui si possa leggere la dinamica tensione del mutamento rivoluzionario (rivoluzione sociale, civile, etica, ideologica) dell'uomo che lotta per il proprio divenire. Sarà questo REALISMO, perché vive dell'oggi ed insieme del futuro utopico dell'uomo nuovo, perché vuole riflettere la realtà delle masse che non accettano di essere sfruttate, che lottano e combattono per la propria emancipazione, che non accettano il ruolo loro imposto di minoranze senza storia e senza avvenire, che chiedono con voce sempre più cosciente il riconoscimento del proprio ruolo sociale e politico.
Sarà REALISMO DISUMANO (non ANTIUMANO) perché è incapace ad esprimere la reale dimensione oggettiva di uomo (ne è impedito, in realtà), e perché l'oggettività della rappresentazione potrebbe solo testimoniare (lo abbiamo già visto) il rispecchiamento NEGATIVO delle regole e delle leggi di questa società borghese.